Dal depliant della mostra personale Luce e ombra nei paesaggi di Marisa Calisti, San Silvestro, Osimo, 1995

...Ho ammirato quei grovigli sapienti, quei labirinti di segni e quei laghi d'ombra profonda dove il dolore sembra quietarsi.

La luce lontana vi penetra appena ma non racconta il segreto delle cose, e intanto, mentre cerca di svelare, ci incanta il silenzio e l'assenza. Sono altri universi quelli di Calisti e ci conquistano, sono malie che racchiudono suoni d'oriente, che stemperano armonie di colori per ricomporle in un infinito di segni...

mp

Il tempo come una nenia, discretamente si insinua, sfuma i contorni reali del tutto e nel vortice tra passato e presente celebra se stesso nell'infinito dello spazio.

La materia comunica il suo sgomento di essere senza infinito e supplica in un disperato palpitare di atomi la sua continuità. L'urlo non ha suono ma il silenzio è carico di vita che non vuole spegnersi nell'indeterminatezza di un attimo.

La vita consuma se stessa riproponendosi come pratica di precarietà nell'imperfetto equilibrio della coscienza del mistero. Ma è la stessa pratica che rinnova il bisogno di vita oltre le apparenze, per naufragare ancora nella tempesta del tempo.

Luigi Pignataro

1992 Silenzi di una strada

Olio su tela

Dalla rivista PRAXIS Artistica, periodico d'arte cultura attualità anno 17°, Galleria Malatestiana, Rimini, 1992

Ho conosciuto molti anni fa un pittore del contado bolognese che dipingeva come Marisa Calisti, anche lui sedotto dal fascino degli alberi immensi nel folto di una foresta. Poi le sue selve si animarono in ambienti rocciosi e furono inghiottite da montagne parlanti come quelle del "Fantastico mondo di OZ". Un altro amico pittore, altrettanto bravo invece amava i grandi alberi solitari che ricordavano il primo MONDRIAN che, proprio con l'albero, passò per gradi successivi e fascinosi dalla prima maniera naturalistica alla ricerca simbolica. Simbolismo che lo portò in seguito a semplificare l'ossatura dell'immagine. Una lezione superba che io stesso additavo ai miei scolari per far capire che quelle semplificazioni trovarono terreno propizio nel cubismo di Picasso e Braque. "L'albero rosso" del 1909-10, "L'albero verde" del 1911, "L'albero di mele in fiore" del 1912, da cui nasce l'articolazione spaziale.

Questo mio discorso strano "chiedo venia" mi è suggerito dal fatto che so che Marisa Calisti è un po' come me, storica, critica d'arte e pittrice. A me piacciono particolarmente questi suoi alberi pieni, corposi, sapientemente strutturati e nello stesso tempo, i rami e le foglie danno la sensazione d'essere mossi da una leggera brezza. I dipinti della nostra pittrice riflettono un temperamento complesso, a volte tormentato con pause di pensieri attenti e profondamente meditati. è seducente l'interpretazione che sa dare al profondo del fogliame che la prospettiva del colore rende trasparente, cosa non facile da ottenere in un ammasso così denso e corposo. Sensibile nelle trasparenze e nei riflessi, la pittura rende la composizione dinamica e superba. La rarefazione dell'alto fogliame delle piante, la profondità dei cespugli nel terreno melmoso, la solidità dei tronchi svettanti pongono per bellezza e capacità esecutiva la nostra artista nei primi piani dell'attuale vita artistica italiana.

Paolo Zauli

2000 Studio per una nevicata

Acquerello e china su carta, cm. 15 X 25